Il combustore ha il compito di innalzare la temperatura del ciclo mediante il calore generato dalle reazioni di ossidazione del combustibile. Poiché la temperatura raggiunta dai gas combusti è limitata dalla resistenza dei materiali, la quantità di combustibile utilizzata è notevolmente inferiore a quella corrispondente ad una combustione stechiometrica dell’aria uscente dal compressore. Per esempio, supponendo la temperatura dell’aria all’uscita del compressore pari a 400°C e utilizzando come combustibile il metano, la combustione ideale stechiometrica porterebbe i gas combusti ad una temperatura di circa 2430°C, ben al di là dell’attuale tecnologia costruttiva delle turbine a gas.
Il raggiungimento di una temperatura di 1300°C richiede invece 45 kg di aria per 1 kg di metano,
contro un rapporto stechiometrico di 17,235 kg di aria per kg di metano (circa 18,5 m3 di aria per
ogni m3 di metano). Nelle turbine a gas infatti il rapporto di equivalenza λ (quantità di aria effettiva
rispetto a quella stechiometrica) risulta essere compreso tra 2,5 e 3,5 per contenere l’aumento di
temperatura nel combustore. Conseguentemente, il tenore di ossigeno presente nei gas combusti è
assai elevato (mediamente intorno al 15% in volume) e rende possibile utilizzare lo scarico di tali
gas come comburente in ulteriori processi di combustione. Mantenere la combustione in presenza di elevati eccessi d’aria può di fatto risultare problematico, poiché esiste un limite inferiore di infiammabilità di una miscela aria/combustibile. Occorre quindi creare nella camera di combustione una zona, detta zona primaria, in cui affluisce solo una parte dell’aria comburente, in modo da realizzarvi un rapporto aria/combustibile sottostechiometrico, per ridurre la formazione degli ossidi di azoto. La rimanente portata d’aria verrà introdotta nella zona secondaria, dove completa l’ossidazione del combustibile a valle della zona primaria, e quindi nella zona di diluizione, dove l’aria viene aggiunta per ottenere una temperatura dei gas combusti adeguata per l’ammissione in turbina. Tutto ciò è realizzato da un “liner”, ovvero un cilindro forato, che contiene dapprima la fiamma e permette poi il passaggio dell’aria di diluizione attraverso i suoi fori. Il liner è raffreddato al suo esterno dal flusso di aria di diluizione.
Il combustore attualmente preferito per le turbine industriali è quello multi-tubolare, che dispone di
numerosi combustori tubolari singoli (con camera di combustione sostanzialmente cilindrica) disposti circonferenzialmente intorno all’asse della macchina nell’anello di adduzione dei gas alla turbina. Il collegamento (transition piece) tra i singoli combustori e la turbina avviene tramite condotti di transizione adeguatamente raffreddati.
Per quanto riguarda i combustibili impiegati, bisogna tener conto che le turbine a gas sono motori a
combustione interna in cui i gas combusti partecipano direttamente al ciclo termodinamico. E’ pertanto necessario che i gas siano chimicamente e fisicamente non aggressivi. Tutto ciò impone delle limitazioni relativamente severe ai combustibili impiegati. Il combustibile adottato tradizionalmente è il gas naturale2.
Il raggiungimento di una temperatura di 1300°C richiede invece 45 kg di aria per 1 kg di metano,
contro un rapporto stechiometrico di 17,235 kg di aria per kg di metano (circa 18,5 m3 di aria per
ogni m3 di metano). Nelle turbine a gas infatti il rapporto di equivalenza λ (quantità di aria effettiva
rispetto a quella stechiometrica) risulta essere compreso tra 2,5 e 3,5 per contenere l’aumento di
temperatura nel combustore. Conseguentemente, il tenore di ossigeno presente nei gas combusti è
assai elevato (mediamente intorno al 15% in volume) e rende possibile utilizzare lo scarico di tali
gas come comburente in ulteriori processi di combustione. Mantenere la combustione in presenza di elevati eccessi d’aria può di fatto risultare problematico, poiché esiste un limite inferiore di infiammabilità di una miscela aria/combustibile. Occorre quindi creare nella camera di combustione una zona, detta zona primaria, in cui affluisce solo una parte dell’aria comburente, in modo da realizzarvi un rapporto aria/combustibile sottostechiometrico, per ridurre la formazione degli ossidi di azoto. La rimanente portata d’aria verrà introdotta nella zona secondaria, dove completa l’ossidazione del combustibile a valle della zona primaria, e quindi nella zona di diluizione, dove l’aria viene aggiunta per ottenere una temperatura dei gas combusti adeguata per l’ammissione in turbina. Tutto ciò è realizzato da un “liner”, ovvero un cilindro forato, che contiene dapprima la fiamma e permette poi il passaggio dell’aria di diluizione attraverso i suoi fori. Il liner è raffreddato al suo esterno dal flusso di aria di diluizione.
Il combustore attualmente preferito per le turbine industriali è quello multi-tubolare, che dispone di
numerosi combustori tubolari singoli (con camera di combustione sostanzialmente cilindrica) disposti circonferenzialmente intorno all’asse della macchina nell’anello di adduzione dei gas alla turbina. Il collegamento (transition piece) tra i singoli combustori e la turbina avviene tramite condotti di transizione adeguatamente raffreddati.
Per quanto riguarda i combustibili impiegati, bisogna tener conto che le turbine a gas sono motori a
combustione interna in cui i gas combusti partecipano direttamente al ciclo termodinamico. E’ pertanto necessario che i gas siano chimicamente e fisicamente non aggressivi. Tutto ciò impone delle limitazioni relativamente severe ai combustibili impiegati. Il combustibile adottato tradizionalmente è il gas naturale2.