ASPETTI INTRODUTTIVI DELLA TURBINA A GAS

In senso stretto, il termine turbina a gas indica una macchina motrice dinamica nella quale espande un gas e non un vapore. In senso più ampio, spesso con il termine turbina a gas ci si riferisce a quello che più propriamente viene chiamato impianto motore con turbina a gas, ovvero un impianto motore termico che trasforma l’energia potenziale chimica del combustibile in lavoro meccanico direttamente utilizzabile nel quale il fluido rimane sempre allo stato gassoso. Tale impianto è spesso denominato turbogas (sigla TG).
Fig.6.1
In fig.6.1 è rappresentata una vista di un tipico impianto con turbina a gas per applicazione
industriale, nella quale sono riconoscibili i principali componenti dell’impianto stesso.
La fig.6.2a riporta la tipica schematizzazione di un impianto turbogas in circuito aperto del tipo di
quello rappresentato in fig.6.1.
Fig.6.2

PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DELLA TURBINA A GAS

Il compressore C aspira dall’ambiente esterno il fluido (aria), lo comprime adiabaticamente dalle
condizioni di pressione e temperatura iniziali (p1, T1) fino alla pressione finale p2, incrementando ovviamente anche la temperatura da T1 a T2. Il fluido, così compresso, viene inviato in una camera di combustione CC nella quale avviene la combustione del combustibile a pressione costante p2, con somministrazione al fluido del calore Q1 e conseguente aumento della temperatura da T2 a T3. I gas combusti, sempre alla pressione p2 ma ora alla temperatura T3>T2, raggiungono la turbina T dove espandono adiabaticamente dalla pressione p3=p2 alla pressione finale esterna p4 uguale, ovviamente, alla pressione iniziale p1 (p4=p1), con conseguente abbassamento della temperatura da T3 a T4 e cessione di energia alla macchina. Pur non essendo presente in tale macchina un organo specifico preposto alla sottrazione del calore Q2 (si pensi, ad esempio, al condensatore di un impianto a vapore), la perdita relativa a Q2 è sempre presente in quanto il fluido lascia la turbina ad una temperatura T4 che è sempre notevolmente superiore alla temperatura iniziale T1. Occorre ricordare che il lavoro ceduto dai gas alla turbina T durante l’espansione in tale componente non è tutto utilizzabile in quanto una porzione non trascurabile di esso serve ad azionare il compressore, così come è ben evidente dalle figg.6.1 e 6.2a.
L’impianto sopra descritto è evidentemente del tipo a combustione interna in quanto il processo di combustione avviene in seno al fluido motore che cambia la propria composizione chimica mentre evolve attraverso l’impianto. Inoltre tale impianto si definisce a circuito aperto in quanto il fluido motore è sottoposto a continuo rinnovo con aspirazione di aria, da parte del compressore, dallo stesso ambiente esterno nel quale la turbina scarica i prodotti finali.
E’ peraltro opportuno precisare che una TG può essere realizzata anche con un circuito a
combustione esterna. In tal caso lo schema diventa quello di fig.6.2b in cui, all’uscita del
compressore C, il fluido (che può essere aria o un gas diverso) viene inviato in uno scambiatore di calore S1 (praticamente una caldaia) nel quale riceve, attraverso delle pareti, calore dall’esterno. Il refrigeratore S2 permette di sottrarre al fluido, entrante in esso alle condizioni di scarico dalla turbina (T4>T1) la quantità di calore Q2 necessario per riportarlo alla temperatura iniziale T1 del ciclo. In tal caso l’impianto si dice a circuito chiuso in quanto il fluido evolvente non viene in contatto con i prodotti della combustione e mantiene inalterata la sua composizione chimica.

CICLO TERMODINAMICO DI RIFERIMENTO DELLA TURBINA A GAS

Ciclo termodinamico di riferimento della Turbina a Gas

Ciclo con trasformazioni reversibili (ciclo ideale o limite)
Negli impianti motori con turbina a gas il fluido evolve secondo il ciclo termodinamico di Joule
che, nel caso di funzionamento ideale, è composto da due trasformazioni adiabatiche reversibili,
relative alla compressione ed all’espansione, e da due trasformazioni reversibili a pressione costante
relative alla somministrazione del calore Q1 ed alla sottrazione del calore Q2. In fig.6.3 è riportata la
rappresentazione del ciclo Joule nei piani p-v, T-s ed h-s.
Fig.6.3

Si ha:
− 1 → 2: compressione adiabatica isoentropica nel compressore C;
− 2 → 3: somministrazione del calore Q1 a pressione costante (nella camera di combustione CC o
nello scambiatore S1;
− 3 → 4: espansione adiabatica isoentropica nella turbina T;
− 4 → 1: sottrazione del calore Q2 a pressione costante, per scarico dei gas nell’atmosfera
(impianto in circuito aperto) o nel refrigeratore S2 (impianto in circuito chiuso).
La rappresentazione del ciclo termodinamico di Joule nel piano p-v e nel piano T-s consente di
valutare con grande immediatezza il lavoro utile dell’impianto, che risulta ovviamente un parametro
di grande interesse.
Con riferimento infatti al piano p-v, ricordando che sia il compressore che la turbina sono
assimilabili a sistemi aperti, nel caso di trasformazioni reversibili, il lavoro erogato dalla turbina Lt
è dato da:

L’area (1234) del ciclo, rappresentando la differenza tra il lavoro di espansione e quello di
compressione, fornisce appunto il lavoro utile che può essere trasmesso all’utilizzatore. Tale area
viene individuata anche sul piano T-s come differenza tra il calore introdotto nel sistema Q1 ed il
calore Q2 ceduto alla sorgente inferiore.
Ricordando che, nel caso di trasformazioni adiabatiche, il lavoro scambiato può essere espresso
attraverso la variazione di entalpia del fluido che attraversa la macchina, sul piano h-s è possibile
individuare il segmento 1-2, rappresentativo della quantità (h1-h2), ovvero del lavoro di compressione Lc ed il segmento 3-4, pari a (h3-h4) e rappresentativo del lavoro di espansione Le=Lt.
La differenza fra il segmento 3-4 ed il segmento 1-2 corrisponde evidentemente al lavoro utile Lu.
A tale riguardo è opportuno precisare che il segmento 3-4 risulta sempre maggiore del segmento 1-2
(e quindi il lavoro utile è sempre maggiore di zero) in quanto le isobare, essendo anche delle curve
logaritmiche, sono caratterizzate dalla proprietà di intercettare segmenti verticali via via maggiori
man mano che ci si sposta verso entropie crescenti, ovvero divergono al crescere dell’entropia.
Dall’esame della fig.6.3 si osserva che il lavoro di compressione costituisce un’aliquota abbastanza
elevata (fino a 2/3) del lavoro di espansione e pertanto il lavoro utile è un’aliquota modesta di
questo.
Il rendimento termodinamico di un ciclo Joule è dato da:
Nella fig.6.4 è diagrammato l’andamento del rendimento del ciclo reversibile di Joule al variare del
rapporto di compressione β per tre differenti livelli di k del fluido.

fig.6.4


La fig.6.5 mostra invece la modificazione della configurazione del ciclo di Joule sul piano T-s
all’aumentare di β per un assegnato valore della temperatura massima del ciclo T3.

fin.6.5

E’ evidente che il rendimento aumenta al crescere di β dal momento che il calore Q1 viene
introdotto a temperature medie via via più alte ed il calore Q2 viene sottratto a temperature medie sempre più basse. Il massimo valore raggiungibile per il rapporto di compressione β è quello in corrispondenza del quale il valore della temperatura T2 all’uscita del compressore è uguale a quello assegnato alla temperatura T3 di ingresso in turbina. Il valore di β per il quale si realizza T2 = T3 si ricava ponendo:

T3 = T2 = T1 ⋅ (p2/p1)^(k-1)/k
Si ha quindi:

β = (T3 / T1)^k/(k-1) = (T3 / T1)^1/λ

In corrispondenza di tale valore di β il ciclo di Joule si riduce ad un segmento (1-2’’’ in fig.6.5) ed il rendimento del ciclo è pari al rendimento del ciclo di Carnot operante tra le temperature T3 e T1 come si dimostra sostituendo β = (T3 / T1)^1/λ nell’espressione del rendimento.
In conclusione, una volta assegnato un valore della temperatura massima T3, il rendimento del ciclo Joule risulta sempre crescente con il rapporto di compressione β, passando da un valore minimo pari a zero quando β=1 ad un valore massimo pari a quello del ciclo di Carnot tra le temperature T3 e T1 quando è β = (T3 / T1)^1/λ.
Per quanto riguarda la variazione del lavoro utile Lu in funzione del rapporto di compressione β, per un assegnato valore di T3, si osserva che esso è nullo per β = 1 (condizione per la quale si annulla anche il rendimento del ciclo) in quanto il ciclo coincide con l’isobara p = p1. Inoltre il lavoro utile è nullo anche per il valore di β = (T3 / T1)^1/λ per il quale il rendimento è massimo in quanto il ciclo di Joule si riduce ad un segmento (1-2’’’). Per livelli di β compresi tra 1 e (T3 / T1)^1/λ il lavoro utile è invece maggiore di zero. Nella fig.6.6 è mostrato l’andamento del lavoro utile Lu al variare di β per tre differenti valori della temperatura T3.

fig.6.6

Si osserva che Lu è inizialmente crescente con β, quindi raggiunge un massimo e poi decresce per annullarsi per β = (T3 / T1)^1/λ.
La condizione per la quale risulta massimo il lavoro utile si può trovare facilmente a partire
dall’espressione elementare di Lu. Si ha:


E’ possibile verificare che, in corrispondenza del valore di β che rende massimo il lavoro utile si
verifica l’uguaglianza tra la temperatura T2 dei gas all’uscita del compressore e la temperatura T4 dei gas all’uscita della turbina (fig.6.7).

fig.6.7

CARATTERISTICHE DEGLI IMPIANTI A MOTORE TURBINA A GAS

Dall’esame dello schema impiantistico e dall’analisi del ciclo termodinamico associato appare
evidente che l’impianto motore con turbina a gas in circuito aperto risulta estremamente
interessante per le applicazioni nelle quali la leggerezza ed il limitato ingombro rappresentano
esigenze prioritarie. Ciò è dovuto alla grande compattezza dello schema impiantistico che, rispetto ad un impianto motore a vapore, non richiede la presenza di un ingombrante componente destinato a sottrarre calore al fluido motore (condensatore) ed utilizza per la cessione di calore allo stesso fluido una camera di combustione sicuramente più semplice e compatta di un generatore di vapore.
Inoltre l’impianto turbogas risulta competitivo anche nei confronti dei MCI soprattutto per le sue
doti di leggerezza, caratteristica molto apprezzata nelle applicazioni aeronautiche. In relazione a tali caratteristiche l’impianto turbogas si presta anche alla realizzazione di unità per produzione di energia modulari e trasportabili, nonché ad una gestione e controllo del suo funzionamento
automatizzata e spesso dotata di comando a distanza.
Un’altra importante peculiarità degli impianti turbogas, che operano con pressioni di esercizio non elevate (in genere inferiori ai 30 bar), è rappresentata dalla possibilità di tale impianto di erogare il carico massimo molto velocemente, alcuni minuti dopo l’avviamento, grazie in primo luogo ai modesti spessori della cassa della turbina e delle pareti della camera di combustione che consentono di raggiungere rapidamente la temperatura di regime. Il turbogas utilizza aria come fluido motore e non necessita di un fluido di refrigerazione come gli impianti a vapore ed i MCI.
I diversi componenti di un impianto con turbina a gas (compressore, camera di combustione,
turbina) possono essere premontati e testati separatamente prima dell’assemblaggio del sistema completo, velocizzando così le tempistiche per la realizzazione di impianti di tale tipologia.
Anche se i moderni impianti turbogas hanno raggiunto livelli di affidabilità comparabili a quelli di
altre tipologie di impianto più tradizionali, il principale svantaggio rispetto a questi ultimi (in primo
luogo gli impianti a vapore ed i MCI) risulta il più basso valore del rendimento che può essere
raggiunto per la necessità di limitare la temperatura T3 dei gas all’ingresso della turbina (vedi
fig.6.9). Un’altra limitazione degli impianti TG è rappresentata dall’esigenza di bruciare
combustibili pregiati (e quindi più costosi) per evitare che i residui del processo di combustione si depositino sulle pale della turbina o ne aggrediscano i materiali.
In sintesi, le principali caratteristiche degli impianti motori con turbina a gas sono così riassumibili:
− elevati valori della potenza specifica (in relazione sia alla massa che al volume dell’impianto);
− buona affidabilità operativa (avviamenti, fermate, variazioni rapide del carico);
− bassi costi per unità di potenza installata;
− tempi brevi di costruzione e messa in opera;
− possibilità di realizzare impianti di taglia molto diversificata (da poche decine di kW ad oltre
200 MW);
− valori del rendimento globale inferiori a quelli dei corrispondenti impianti a vapore o MCI;
− necessità di combustibili costosi.
Il forte sviluppo degli impianti turbogas negli ultimi anni ha portato ad una sempre più accentuata
differenziazione delle caratteristiche delle macchine destinate alle applicazioni aeronautiche da
quelle degli impianti industriali (detti heavy-duty), destinate alle installazioni fisse.

CARATTERISTICHE DELLE TURBINA A GAS AERONAUTICHE

La turbina a gas aeronautica cominciò ad essere sviluppata prima della turbina a gas industriale, nel corso della seconda guerra mondiale, grazie ai consistenti stanziamenti per le spese militari di numerosi paesi coinvolti nel conflitto. Ancor oggi la turbina a gas aeronautica risulta sicuramente più avanzata rispetto agli impianti fissi, anche per effetto di grossi programmi di ricerca sviluppati in ambito militare. Nello specifico settore si sono specializzate alcune aziende che oggi detengono importanti porzioni del mercato (General Electric, Rolls-Royce, ecc.).
I principali requisiti richiesti ad un impianto turbogas per applicazione aeronautica sono:
− potenze elevate e bassi pesi, ovvero elevata potenza specifica;
− ingombri ridotti, particolarmente con riferimento alla sezione trasversale, per ridurre la
resistenza aerodinamica;
− bassi valori del consumo specifico di combustibile (elevato rendimento globale).
Per poter raggiungere elevati valori della potenza e del rendimento è necessario lavorare con alti
livelli della temperatura T3 dei gas caldi all’ingresso della turbina. Ciò si traduce nell’utilizzazione
di materiali pregiati e costosi in grado di resistere ad elevate sollecitazioni ad alta temperatura. Nel contempo vengono utilizzati combustibili pregiati (con basso tenore di zolfo ed ossidi di vanadio) per evitare problemi di corrosione dei materiali operanti ad alta temperatura. Anche la riduzione del peso complessivo dell’impianto viene perseguita attraverso un’attenta scelta dei materiali ed una progettazione ottimizzata del compressore e della turbina, cercando di ridurre al minimo il numero degli stadi di tali turbomacchine.
Per contenere l’ingombro frontale di un motore aeronautico, si cerca di ridurre il diametro massimo di esso, utilizzando compressori e turbine con lo stesso ingombro radiale e realizzando più camere di combustione di dimensione ridotta, operanti in parallelo e disposte tra le due macchine circonferenzialmente all’albero che le collega. In alternativa si realizza un’unica camera di combustione, di tipo anulare, coassiale all’albero.
Al fine di conseguire valori contenuti di consumo specifico generalmente nelle applicazioni
aeronautiche si ottimizza il ciclo di funzionamento in relazione al massimo rendimento, il che
comporta, per assegnati valori della temperatura T3 e dei rendimenti del compressore e della
turbina, la scelta di rapporti di compressione più elevati di quelli che massimizzano il lavoro utile
(vedi figg.6.9 e 6.10). La riduzione del consumo specifico consente, a parità di autonomia del
velivolo, di ridurre la massa di combustibile nei serbatoi e quindi di aumentare il “carico pagante”
dell’aereo.
In un impianto turbogas aeronautico il ciclo termodinamico è evidentemente sempre quello di Joule

(fig.6.11).

Se il lavoro utile reale Δhur, pari alla differenza tra il lavoro prodotto dalla turbina Ltr e quello
assorbito dal compressore Lcr, viene utilizzato per azionare un’elica, con l’interposizione di un
riduttore di velocità (con rapporto di riduzione in genere compreso tra 10 e 20), si parla di
turboelica. I turboelica sono in genere utilizzati per aerei da trasporto civile o militare e su molti
elicotteri, con potenze da alcune centinaia di kW ad oltre 3.000 kW e con velocità di volo non
elevata (400÷500 km/h). La fig.6.12 illustra lo schema impiantistico di un tipico turboelica.
fig.6.12
Nella fig.6.13 è invece riportato lo spaccato di un esempio costruttivo di turboelica.
fig.6.13
generi solo il lavoro necessario a muovere il compressore. In questo caso il salto entalpico della
turbina è uguale a quello del compressore (fig.6.11) e l’ulteriore salto entalpico disponibile, pari a
Δhur, è convertito in energia cinetica mediante un ugello posto a valle della turbina, dal quale i gas stessi fuoriescono con una velocità vg superiore a quella di volo v dell’aereo. Dalla dinamica è noto che in tal caso nasce per reazione una forza o spinta F uguale e di segno contrario a quella che ha dato luogo all’incremento di velocità del fluido e pertanto pari a:
F = Mg (vg – v)
Dove Mg è la portata di gas che attraversa il turbomotore.
La spinta così generata uguaglia la resistenza aerodinamica totale determinando l’avanzamento
dell’aereo.
In fig.6.14 è riportato lo schema impiantistico di un turbogetto.
fig.6.14
Nei turbogetti vi è anche una presa d’aria, o diffusore, nella quale si realizza una prima
compressione dell’aria per effetto della diminuzione della sua velocità attraverso un condotto
divergente disposto a monte del compressore. Questo processo, detto autocompressione, è
ovviamente molto sensibile ad alte velocità di volo e contribuisce a ridurre il lavoro assorbito dalla
turbomacchina operatrice per l’ulteriore compressione dell’aria.
Il turbogetto è oggi utilizzato per la propulsione in grandi aerei di linea che volano ad alta quota ed
a velocità di 900÷1000 km/h, nonché negli aerei supersonici destinati soprattutto alle applicazioni
militari.
In fig.6.15 è mostrato lo spaccato di un esempio costruttivo di turbogetto. In questo caso, tipico
delle applicazioni civili, si nota una ventola in testa (turbofan) che elabora aria che in parte viene
avviata al compressore ed in parte (aria di by-pass) va ad un secondo ugello che genera anch’esso una spinta. Regolando le due componenti di tale portata d’aria si ottiene una modulazione della spinta con una buona riduzione del consumo di combustibile.
fig.6.15

CARATTERISTICHE DELLE TURBINE A GAS INDUSTRIALI


La turbina a gas industriale cominciò ad essere sviluppata subito dopo la seconda guerra mondiale
da numerose case costruttrici, sia europee che americane, già produttrici di turbine a vapore per
applicazioni industriali: Brown Boveri, Sulzer, General Electric, Westinghouse, Mitsubishi, IHI,
ecc..
Alla turbina a gas heavy-duty, destinata essenzialmente agli impianti fissi, sono richiesti, per
evidenti ragioni, requisiti nettamente differenti da quelli richiesti ad una turbina a gas aeronautica,
quali un basso costo iniziale ed una vita piuttosto lunga (circa 100.000 ore di funzionamento).
Un basso costo iniziale può essere ottenuto, tra l’altro, riducendo le dimensioni frontali della
macchina il che comporta però una riduzione della portata di fluido evolvente. Per compensare tale
aspetto è necessario quindi massimizzare il lavoro utile per unità di massa di fluido (Lur = Δhur).
Pertanto il ciclo di funzionamento viene ottimizzato in relazione al massimo lavoro utile il che
comporta, per assegnati valori della temperatura T3 e dei rendimenti della turbina e del
compressore, valori del rapporto di compressione piuttosto contenuti e comunque inferiori a quelli
che si avrebbero se il ciclo fosse ottimizzato in relazione al massimo rendimento (vedi figg.6.9 e
6.10). Operando con rapporti di compressione non molto elevati si realizzano poi temperature allo
scarico più alte, tali da garantire buone prestazioni nel caso di impianti combinati gas-vapore.
Ad una turbina a gas industriale viene inoltre richiesta una durata molto maggiore rispetto ad una
macchina aeronautica. Ciò comporta costruzioni più robuste ed in genere sollecitazioni più modeste
sia dal punto di vista meccanico (ottenute con minori velocità di rotazione) sia dal punto di vista
termico (temperatura massima T3 più modesta). Nelle turbine a gas industriali non si hanno
limitazioni di ingombro pressanti come nel campo aeronautico e questo si traduce soprattutto in una
maggiore libertà di dimensionamento e collocazione della camera di combustione. Pertanto in
genere tale componente dell’impianto è unico e disposto verticalmente e consente di bruciare
combustibili di minor pregio di quelli utilizzati nei turbogas aeronautici. Spesso inoltre si ricorre
alla tecnica della rigenerazione per aumentare il non elevato livello del rendimento conseguente ai
valori di temperatura T3 con cui si opera.
Occorre peraltro osservare che, vista la grande affidabilità raggiunta dalle turbine a gas
aeronautiche, alcuni costruttori di tali macchine negli ultimi anni hanno proposto per l’impiego
industriale impianti turbogas aeronautici opportunamente modificati: si parla in tal caso di turbine a
gas di derivazione aeronautica o aeroderivative. In tali impianti l’ugello di scarico non è presente ed
è sostituito da un’ulteriore turbina di potenza che ha lo scopo di muovere l’utilizzatore. Tali
applicazioni sono sempre più sviluppate in tutti quei casi in cui il valore del rendimento
dell’impianto assume un peso rilevante. A tale riguardo, la fig.6.16 propone un confronto tra i valori
di potenza e rendimento dei turbogas heavy-duty ed aeronautici di più recente produzione.
fig.6.16
Si osserva che le macchine per applicazione industriale sono caratterizzate da potenze decisamente
più elevate ma anche da livelli di rendimento più contenuti (valori massimi di poco superiori a
0,35), mentre i turbogas aeronautici hanno potenze più ridotte ma valori di rendimento che possono
superare il 40%. Tale aspetto è da porsi soprattutto in relazione ai differenti livelli della temperatura
massima del ciclo (T3) raggiunta nelle due tipologie di impianto: fino a 1200 °C nelle macchine
heavy-duty e fino a 1400 °C in quelli aeronautici, valori comunque sopportabili solo in presenza di
sofisticati sistemi di refrigerazione delle pale della turbina.
Lo sviluppo futuro degli impianti turbogas è pertanto legato alla possibilità di utilizzare materiali
resistenti a temperature sempre più elevate, anche in assenza di refrigerazione, nonché alla capacità
di utilizzare combustibili di minor pregio di quelli oggi generalmente impiegati in tale tipologia di
impianto (gas naturale, distillati leggeri del petrolio).

CAMPI DI APPLICAZIONE DEGLI IMPIANTI TURBOGAS

Gli impianti con turbina a gas sono oggi utilizzati sia negli impianti fissi che in quelli mobili. In
particolare i settori nei quali tale tipologia di macchina trova applicazione sono:
Produzione di energia elettrica: gli impianti turbogas sono utilizzati soprattutto per far fronte ai
picchi di richiesta di energia sulla rete grazie alla caratteristica della velocità di avviamento. In
alcuni specifici contesti (combustibile disponibile in loco a basso costo, mancata disponibilità di
fluidi di refrigerazione) le TG possono essere utilizzate per servizi di base. Occorre inoltre
ricordare l’impiego dei turbogas in unione agli impianti a vapore negli impianti combinati.
Gasdotti ed oleodotti: gli impianti turbogas sono largamente utilizzati soprattutto per
l’azionamento di grossi compressori destinati alla compressione del gas naturale lungo i
gasdotti. Inoltre la turbina a gas trova applicazione per l’azionamento di pompe destinate al
trasferimento del greggio dai giacimenti di estrazione alle raffinerie attraverso oleodotti.
Piattaforme offshore: nelle piattaforme di perforazione offshore la turbina a gas viene
largamente utilizzata grazie alle sue doti di compattezza, leggerezza e assenza di vibrazioni.
Inoltre spesso può utilizzare come combustibile lo stesso prodotto che viene estratto, evitando i
problemi di rifornimento ed i gas si scarico sono impiegati per altri servizi sulla piattaforma che
richiedono calore (dissalazione acqua di mare, riscaldamento, ecc.).
Propulsione navale: a parte sporadiche applicazioni su navi mercantili, la turbina a gas è
largamente utilizzata sulle navi militari per le caratteristiche di leggerezza, rapidità di
avviamento, ridotto ingombro che costituiscono aspetti strategici dello specifico settore.
Trazione ferroviaria e stradale: nel campo ferroviario ed in quello della trazione stradale la TG
ha avuto solo sporadiche applicazioni, per lo più sperimentali. In entrambi i settori i MCI
risultano decisamente preferibili per i più elevati valori di rendimento che raggiungono. Inoltre i
turbogas non sono in grado di rispondere con sufficiente rapidità alle continue e brusche
variazioni di carico richieste dal traffico stradale, hanno alti consumi di combustibile, elevata
rumorosità al minimo, ecc.

IMPIANTI COMBINATI

E’ noto che per aumentare l’efficienza di conversione dell’energia termica in energia elettrica
occorre adottare un ciclo termodinamico che presenti il rapporto più alto possibile tra le temperature
massime e minime. Tuttavia gli impianti motori termici disponibili presentano tutti delle limitazioni
per quanto riguarda la temperatura minima o quella massima del ciclo. Infatti negli impianti a
vapore, per motivi tecnologici ed economici, la temperatura massima del ciclo è limitata a valori di
circa 550 °C, mentre negli impianti a combustione interna (MCI e TG) la temperatura di scarico è
quella di fine espansione ed è molto maggiore della temperatura ambiente.
Viene allora spontaneo combinare il ciclo termodinamico di Joule di una turbina a gas con il ciclo
Rankine di un impianto a vapore sfruttando in tal modo prima il calore prodotto dalla combustione
del combustibile alle temperature più alte consentite dai materiali di una TG e poi il calore dei gas
scaricati da questa a pressione atmosferica per generare vapore saturo o surriscaldato che
successivamente espande in una turbina a vapore a condensazione fino ad una pressione molto
bassa. In tal modo le temperature estreme di un ciclo combinato che così si realizza (fig.6.17) sono
la temperatura all’ingresso della turbina a gas (oltre 1000÷1200 °C) e la temperatura di
condensazione del vapore, che è molto vicina a quella ambiente e dipende dalla temperatura
dell’acqua di raffreddamento del condensatore disponibile.
Questo tipo di ciclo consente pertanto di realizzare oggi rendimenti superiori del 15÷20% rispetto a
quelli dei cicli a vapore più complessi, mentre l’incremento di potenza è all’incirca del 50% della
potenza erogata dalla turbina a gas semplice.
La ragione per la quale l’impianto con turbina a gas è quello più adatto alla combinazione con un
impianto a vapore risiede nel fatto che per la TG il calore Q2 rilasciato alla sorgente inferiore è
concentrato esclusivamente nei gas di scarico, mentre in un MCI tale calore è distribuito tra gas di
scarico, sistema di raffreddamento, olio lubrificante, ecc..
Tenendo conto degli alti valori di rendimento conseguiti dalle moderne turbine a gas per la
produzione di energia (anche superiori a 0,35), in un ciclo combinato gas-vapore ottimizzato
l’efficienza globale della conversione dell’energia potenziale chimica del combustibile in lavoro
meccanico spesso supera abbondantemente il 50%. Si può pertanto concludere che gli impianti
combinati rappresentano, allo stato attuale delle conoscenze, il sistema a più alto rendimento per
produrre energia elettrica o meccanica in impianti fissi a partire dalla combustione di combustibili
fossili. Spesso tale soluzione impiantistica viene adottata per aumentare la potenza ed il rendimento
di centrali a vapore già in esercizio e di concezione non recentissima (intervento di repowering): in
tal caso viene aggiunto un gruppo turbogas all’impianto già esistente con una modifica del
generatore di vapore che viene convertito per utilizzare i gas caldi scaricati dalla turbina a gas.
In un moderno impianto turbogas i gas di scarico vengono rilasciati a temperature generalmente
comprese fra 400 e 600 °C. Tali livelli di temperatura sono particolarmente adatti per la produzione
di vapore di caratteristiche idonee per essere utilizzato in una turbina a vapore. La fig.6.18 mostra lo
schema impiantistico semplificato di un impianto combinato gas-vapore. Si osservi il generatore di
vapore che è costituito da una caldaia a recupero attraverso la quale transitano i gas di scarico
dell’impianto turbogas.
fig.6.18